Sono stata una bambina fortunata, una Boomer direbbe mio figlio, ho potuto giocare con tutti i giocattoli che l’industria ludica produceva perché mio zio era amico di un negoziante di giocattoli e la sera loro, ventenni, si trovavano nel retro del negozio a giocare con le ultime novità che poi puntualmente, in base alla mia età, ricevevo.
Ricordo un gioco con circuiti elettrici dentro dei cubetti di plastica che consentiva di costruire una sveglia o una radiolina, il corpo umano dotato di tutti gli elementi eseguiti con precisione scientifica che si montava dentro un guscio trasparente, dotato anche della estensione donna in gravidanza con tanto di feto… ma quello che mi piaceva di più, a parte i giochi di società che come figlia unica non avevo molte occasioni di giocare, erano i giochi creativi. Una scatola con degli stampi da riempire di gesso per fare delle statuette e poi colorarle a pennello, il telaio per tessere piccoli tappeti, la macchina per fare la maglia con la quale feci un esercito di piccole bambole colorate, e un fornelletto metallico accompagnato da diversi flaconi pieni di liquidi colorati che versavo in degli stampi metallici e mettevo a cuocere, ottenendo così dei fiorellini e delle foglie colorate ed altre forme bidimensionali. Ora niente mi toglie dalla testa che quei flaconi fossero pieni di Polymer liquido!
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